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La passione per la fotografia è nata tardi quando Julia, in un momento di profonda crisi, si è
trovata improvvisamente priva di uno scopo, di un obiettivo da perseguire. Era stata fino ad
allora una madre assidua di una famiglia numerosa ma a 48 anni, i figli furono abbastanza
grandi da non avere così tanto bisogno di lei. E così lei si sentì sola e priva di uno scopo.
Nata nel 1825 in India da genitori inglesi, aveva viaggiato molto da giovane. Ma poi si era
fermata. Il marito invece viaggiava molto per lavoro. E lei rimaneva sola. Così una delle sue
figlie le regalò una macchina fotografica che divenne immediatamente compagna insepa-
rabile delle sue giornate e il significato della sua vita. Incominciò a studiare, sperimentare,
imparare la tecnica, per poi decidere di metterla da parte in favore di una visione estetica più
emozionale. Ecco il suo percorso: studio ed emozione.
Nella sua ricerca fotografica,
Julia si concentra principalmente sul ritratto, genere da subito per-
cepito come affine alla sua sensibilità, ed in particolare sulle donne,
ritratte come divinità eteree e sognatrici.
La prima cosa che si nota nelle im-
magini della Cameron è la sfocatura. Si è a lungo dibattuto sulla possibilità che non fosse
voluta e fosse solo il risultato di una carenza tecnica. In un periodo storico in cui la nitidezza
e la fedeltà alla realtà era fondamentale, è chiaro che il lavoro di Julia Margaret non potesse
essere apprezzato da tutti. Certamente aveva delle carenze tecniche, soprattutto nei primi
lavori, ma del resto Julia era un’autodidatta. Le carenze erano però, probabilmente, dovute
al primo apparecchio fotografico, il regalo della figlia, e scomparirono con l’acquisto della se-
conda fotocamera, senza i limiti tecnici della precedente. Si innamorò immediatamente della
possibilità che le offriva il fuoco selettivo e decise di utilizzarlo per dare alle sue immagini
un’emotività tutt’altro che comune a quel tempo. Quello della Cameron è da considerarsi un
percorso artistico, proprio perché la
fotografa andò al di là della semplice
ricerca tecnica, spingendosi alla ricer-
ca di una propria estetica. Uno studio
tanto ossessivo che non ebbe tregua
fino a quando ottenne i primi succes-
si: immagini, come racconta Julia, di
cui era finalmente soddisfatta perché
esprimevano appieno il suo sentire.
Amici e parenti ormai erano diventati
i suoi modelli, costretti dalla fotografa
a sessioni di lunghe pose per ottenere
la foto che cercava.
La Cameron
viene ricordata anche per es-
sere stata la prima donna ad
essere stata ammessa alla
Royal Photographic Society,
il che fa di lei la prima foto-
grafa ufficiale della storia.
All’interno del suo percorso è pos-
sibile individuare due diversi proget-
ti: il primo, quello sicuramente più
interessante, è costituito da ritratti
di persone reali: amici, familiari, co-
noscenti, personaggi dell’epoca. Il
secondo, decisamente meno appas-
sionante, è quello relativo alla messa
in scena di personaggi illustri della
letteratura e della religione, tra cui,
ad esempio, “Vivian e Merlin”, in cui
il marito della Cameron impersona
Merlino. Questo secondo proget-
to risulta probabilmente superato,
raccontando troppo poco della vita e
della cultura dell’epoca. I ritratti in-
vece continuano ad essere fonte di
sorpresa e ammirazione da parte di
fotografi professionisti e appassio-
nati. Negli ultimi anni della sua vita
la Cameron si stabilì nuovamente in
India, dove incontrò molte difficoltà a
continuare il suo percorso fotografi-
co, per via del difficile reperimento di
materiale fotografico adeguato. Morì
nel 1879.
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