Foto-Notiziario Ottobre 2014 - page 73

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U
n buon fotografo di moda deve essere un po’ come un medium, non
deve far parlare i morti ma cosa ancor più difficile deve far parlare
gli oggetti. Ma cosa ci possono dire un paio di scarpe, un abito o un
rossetto? Oggetti magari di indiscutibile valore estetico ma muti, freddi,
immobili. Ecco allora, il fotografo arriva, indossa il camice e inizia la
psicanalisi per prendere i fili dei burattini iniziare la recita. Un lavoro
che non è da tutti, è un lavoro da artista e l’arte è l’unico modo per far
raccontare la propria storia a un costosissimo paio di sandali.
Guy Bourdin nasce a Parigi il 2 dicembre 1928, reduce da un’infanzia
turbolenta ha il suo primo approccio con la fotografia durante il servizio
militare nell’areonautica francese a Dakar, in Senegal. Ma prima di
diventare il fotografo che tutti conosciamo si dedica all’arte. La sua prima
mostra di disegni e dipinti, svoltasi a Parigi, risale al 1950. Passano solo
due anni e riesce a esporre le sue prime
fotografie sotto lo pseudonimo di Edwin
Hallan alla Galerie 29 di Parigi. Il catalogo
della mostra vanta un’introduzione scritta da
Man Ray in persona, suo grande ispiratore
e mentore. Il suo travolgente modo di fare
fotografia lo fa saltare all’occhio di Vogue
France, che nel 1955 pubblica i suoi primi
servizi di moda e due anni dopo già partecipa
alla mostra collettiva di Vogue alla Biennale
Internazionale di Fotografia a Venezia.
Le sue influenze, che vanno da fotografi
contemporanei dell’epoca come Man Ray
La ripetizione, è
parte del modus
operandi di
Bourdin, come un
bravo pubblicitario
amplifica il potere
di trasmissione
del messaggio con
una replicazione
elegante e creativa
del soggetto
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