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davvero che cosa sia il lavoro di un fotografo e
quale importanza abbia viaggiando per IL. Con
Fabrizio Annibaè meno che non partisse da un
servizio d’autore già esistente.
Lavorare a un servizio viaggiando con un fo-
tografo insegna molte cose. Bisogna a volte
condividere la stanza. Far quadrare gli orari:
un fotografo si alza presto per sfruttare le ore
di luce. Si deve portare dietro un’attrezzatura
pesante e quando si cammina occorre tener-
ne conto. Nel caso di Annibali una Nikon D3s
e, come secondo corpo, una D700.
Una delle cose più nelle mie corde è affron-
tare il lavoro con spirito picaresco, cercare in
loco o nei dintorni altre storie impreviste. Non
è raro che prendano sopravvento sulle altre.
Bisogna capire insieme se si possono svilup-
pare anche dal punto di vista delle immagini.
Può essere che ti ammettano in un posto dif-
ficilmente accessibile, ma non vogliano che si
scatti. Per il resto non entro nel merito delle
foto da fare.
Ognuno ha le sue competenze. Se mi viene
in mente qualcosa, lo suggerisco quasi som-
messamente. Un tormentone del rapporto
giornalista-fotografo è la necessità di lasciare
libera la scena. “Togliti, mi impalli” è una fra-
se frequentissima. A volte puoi restare perché
è buio come nel regno astronomico ipogeo
di Ulug Beq, altre ancora ti devi prestare da
“modello” come mi è capitato in un bordello
di lusso a Sydney.
L’osservatorio
astronomico di
Ulug Beq, sovrano-
astronomo nipote
di Tamerlano,
che si trova a
Samarcanda