DISEGNI DI LUCE
Per Paolo Carlini fotografare
è disegnare con la luce. Ecco perché
ha scelto lo still life dove usa
le luci ‘a mano’ come una matita
di Diego Papagna
Nel suo studio di Milano, intervistiamo Paolo Carlini, fotografo di still
life, architettura e ritratti. In questi giorni è in uscita il suo primo libro di
ritratti dal titolo “Cani Padroni”.
Come sei arrivato al mondo professionale?
Ho iniziato nel 1988 quasi per caso lavorando come assistente durante
il liceo e la breve e inconcludente esperienza universitaria. Avevo molta
passione per la fotografia e già al primo giorno di set fotografico ho ca-
pito che sarebbe stato assolutamente il mio lavoro.
Quasi in contemporanea iniziai a lavorare anche come fotografo ed ebbi
la grossa opportunità di utilizzare lo studio dei fotografi con cui colla-
boravo. Tutti i lavori li dovevo fare per lo più di notte perché lo studio di
giorno era occupato. Lavorare per diversi fotografi mi ha permesso di
imparare anche generi diversi. Poi ho cercato di studiare con i classici
della fotografia e i manuali tecnici.
Non avendo uno studio mio iniziai per necessità a realizzare gli still life
in casa. Il problema era la poca potenza dell’impianto elettrico per la
luce. Quando avevo la necessità di avere più punti di illuminazione con
una sola luce usavo come espediente degli specchi sagomati. Ancora
oggi ho un cassetto di specchi di tutte le dimensioni che utilizzo per
aiutare il disegno di luce.
Della fotografia mi ha sempre affascinato il nome: fotografare, cioè
scrivere (disegnare) con la luce. Mi era piaciuto da subito nello still life
l’idea di poter usare le luci anche tenendole o mascherandole “a mano”,
cosa che mi dava proprio la sensazione di disegnare e “plasmare” in
modo diretto. Incominciai nei primi anni ‘90 a lavorare con dei reportage
industriali in giro per l’Europa. Nelle industrie dovevi fare un po’ tutto:
dal ritratto alla fase di produzione in pochissimo tempo, con pellico-
le che arrivavano al massimo a 400 asa. Non avendo il tempo di poter
montare le luci bisognava adattarsi a usare tempi di otturazione lunghi
anche senza il cavalletto e riuscire a realizzare piccoli still life improvvi-
sati con la luce del sole e l’aiuto di fogli di carta e carta da lucido; per me
fu una grande esperienza formativa. Nel 1993 aprii il mio primo studio.
paolo carlini
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Lo studio mi ha portato ad avvicinarmi molto
allo still life, comunque non sono mai riuscito
a trovarmi in un solo genere non tanto per un
problema di eclettismo ma per non “sentirmi
confinato” in un unico genere, una vera insof-
ferenza al “mono-settore” per cui tendevo a
selezionare i lavori in più ambiti. Quando lavori
poi per la pubblicità può capitarti un po’ di tut-
to, dal macro del gioiello alla modella con la
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