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mide del laboratorio è inserita nella natura più
inospitale: i pannelli solari non potevano esse-
re trasportati con elicotteri sia per questioni di
portanza ad alta quota sia per l’imprevedibilità
delle condizioni atmosferiche. E così è avvenuto
una sorta di miracolo: il laboratorio ipertecnlo-
gico più alto del mondoè stato raggiunto da una
carovana medioevale di yak e portatori, gli unici
che potevano garantire l’arrivo del carico prezio-
so in tempi certi!
Quella piramide di specchi,
è un enorme e bellissimo
problema di luce. Tu hai
fatto anche uno scatto
di notte. Ci spieghi
come hai fatto?
Ho impegnato quasi due notti intere per ottene-
re quello scatto. La prima sera le stelle ti cade-
vano addosso e allungando le mani ti sembrava
di poterle catturare. Ma c’erano folate di vento
fortissime e per quanto usassi un obiettivo 50 a
f1.4 avevo bisogno di un minuto abbondante, e
puntuale, infinite volte, la raffica arrivava muo-
vendo il treppiede. La seconda sera per fortuna
non ci sono state raffiche, ma le correnti por-
tavano nubi. Per non parlare delle temperature:
levarsi i guanti solltanto per cambiare i parame-
tri di scatto faceva congelare le dita.
Fotografare gli abitanti è
stato facile? Com’è la
loro reazione?
Le persone si comportano in modo diverso a
seconda dei luoghi: nella capitale non ho avu-
to problemi a fotografarle, spesso erano loro a
chiedermelo. Nei paesini in quota sono più ri-
servati, ma sempre affabili e disponibili. Ho avu-
to difficoltà in alcuni monasteri buddisti sperduti
tra le vette dell’Himalaya. In particolare in uno
di monache buddiste, che non volevano neppure
farsi vedere.
Il Nepal è un Paese
difficile?
Secondo me sono le persone che ci fanno capi-
re se un Paese è “facile” o “difficile”. Il Nepal è
molto amichevole: è uno dei paesi più poveri del
mondo e uno dei più ospitali. È difficile girarlo
perché bisogna essere piuttosto spartani. Un
esempio di resistenza? Nella valle del Khumbu
ci sono rifugi per dormire senza riscaldamento!
Le tue foto sono anche
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