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li. Come possiamo documentare il presente in
modo da avere un “record” storico da lasciare
a chi verrà dopo? Il presente fotografato oggi è
molto (troppo) costruito e controllato. Non mi
piace. Come non mi piacciono, anzi odio a mor-
te, i selfie. Le fotocamere vanno puntate verso
gli altri, non verso noi stessi. Il mio stile è do-
cumentaristico e rispettoso degli esseri uma-
ni. Fotografo preferito: Robert Frank. Non solo
quello di “The Americans” ma anche il Frank
successivo. Grande percorso artistico, il suo.
Ho anche una vena professionale dedicata al
fine art, ricerche personali a cui ultimamente
sono tornato con soddisfazione.
L’esperienza nei due poli
com’è stata? Quali sono state
le maggiori difficoltà?
Non ho trovato particolari difficoltà, se non dal
punto di vista logistico e finanziario. Voglio sen-
tirmi libero e questo, purtroppo, significa auto-
finanziarsi. Devo dire che ghiacci e deserti sono
probabilmente i due luoghi della terra che amo
di più. Luoghi dove tutto è essenziale e ogni
dettaglio visivo acquista una rilevanza enorme.
Sono luoghi molto fotogenici. Penso che dai
viaggi polari porto con me soprattutto l’espe-
rienza dell’aurora. Vista su una slitta trainata
dai cani nel mezzo del nulla è davvero qualco-
sa che ti cambia la vita. Secondo me è l’unico
momento in cui ti sembra di essere su un al-
tro pianeta. Fantastico. E poi i luoghi dei grandi
esploratori. In Canada, ad esempio, sulle orme
di Franklin o della spedizione maledetta di Gre-
ely, ho avuto dei momenti anche mistici. Da un
punto di vista tecnico, a parte le ovvie necessità
di tenere le batterie al caldo, vicino al tronco
del corpo, nessun problema.
Nelle altre esperienze in
giro per il mondo?
Penso che il viaggio australiano in cargo sia
stato un momento di svolta professionale e
personale. Anche perché l’ho fatto prima delle
Torri Gemelle, prima di tutte le restrizioni per
la sicurezza. Attraccavamo col nostro grande
cargo e io scendevo e me ne andavo a esplora-
re. Mai nessun controllo, libertà assoluta. Amo
l’Australia sia da un punto di vista personale per
via della mia storia famigliare, sia da un punto di
vista fotografico, anche se devo ammettere che i
luoghi che mi sono fotograficamente più conge-
niali, dove ho fatto i migliori lavori, sono le Ame-
riche e l’Africa. Ho avuto la fortuna di viaggiare
molto in Africa e ha tutto: paesaggi, animali (ho
sempre amato fotografare gli animali), umani-
tà. In America forse sento l’anima di tutti i miei
fotografi preferiti che mi spinge a dare il me-
glio. La luce che preferisco è la luce del west
americano e canadese, la luce pomeridiana del
sud-est degli States, e la luce di primo mattino
dell’Africa.
Qual è il progetto che hai
realizzato al quale sei più
legato e perché?
Il progetto che più mi ha segnato riguarda la
Route 66. Devi sapere che sono stato tra i primi
fotografi e in assoluto il primo fotografo europeo
a riscoprire la mitica 66. Era la fine degli annni
ottanta, inizio novanta . La Mother Road (quella
vera, il Black Top originale) era dimenticata dagli
americani e sconosciuta agli europei. Cancella-
ta dalle cartine, persino. L’abbiamo riscoperta
ed era come un vecchio gioiello dimenticato,
ma ancora preziosissimo. Personaggi incredibili
ancora in vita, insegne e architettura da museo
del modernariato all’aria aperta. Ho ripercorso
quelle 2000 miglia almeno sette volte in vari
anni. Anche con un bravissimo e geniale collega
italiano, il giornalista Gilberto Milano che me ne
ha pubblicate alcune su AutoCapital. Ho portato
il reportage completo a editori e riviste italiane,
ma nessuno le ha volute. Nessuno capiva.
Decenni dopo, quando la Route era diventata
una porcheria e quasi tutto era sparito, finito
nei musei o rubato dai collezionisti, quando la
Route era ormai una caricatura nota in tutto il
mondo, le hanno pubblicate. Della serie: pote-
vamo essere i primi assoluti, ma siamo riusciti
ad arrivare per ultimi.
Cos’hai in programma per il
prossimo anno?
Sto lavorando a un progetto che mi appassio-
na e intriga molto. Un sito dedicato al viaggio
estremamente elegante, fotograficamente mol-
to bello, essenziale e fruibile. Un sito fatto di