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i intitola “O° a 5000 mt” la serie di scatti
di Beba Stoppani sul ghiacciaio del Roda-
no, in Svizzera, che rischia di sciogliersi come
un ghiacciolo tra le mani di un bambino. È
stata presentata al Mia, appena concluso. A
portare la fotografa per la prima volta lassù,
sul passo della Furka, era stata la zia Sele-
ne Stoppani. Selene, in greco luna. Alla luna
sono dedicati i primi lavori di Beba. Biologa di
formazione, poi fotografa di architettura e de-
sign, ha trovato nelle architetture del ghiac-
ciaio, colpito dall’effetto serra, una sintesi di
elementi tipici del suo paesaggio esistenziale.
Le foto della serie Pietas sono dominate da
veli che coprono la montagna, costosissime
protezioni riflettenti contro il calore stese nel
luglio 2015, quando la temperatura superava i
40 gradi e non scendeva sotto lo zero neanche
a 5000 metri. Sembrano installazioni di land-
art che richiamano i veli della Pietà di Miche-
langelo, sudari funebri, una sindone tecnolo-
gica per requiem di alta quota, lenzuola di un
letto sfatto per il risveglio di ghiacci perenni.
Nell’appartamento milanese, che funge an-
che da studio, dove la incontriamo, Beba
Stoppani racconta il lavoro sul ghiacciaio. Con
lei anche il compagno, Daniele Crepaldi, che
vive da anni in Messico, nella città di Oaxaca,
dove fa lo scultore: ”L’unico stato del Messi-
co senza vulcani ma trema più degli altri”.