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          di ciliegia se c’è un po’ di amore. Sosteneva
        
        
          che nella società comunista del futuro lega-
        
        
          mi oppressivi come matrimonio e famiglia
        
        
          tradizionale sarebbero scomparsi. Nella fase
        
        
          successiva, post-rivoluzionaria, Stalin ha fat-
        
        
          to marcia indietro. Si è arrivati al paese bi-
        
        
          gotto dove nei film d’amore non ci si baciava
        
        
          nemmeno. In Unione Sovietica il sesso non
        
        
          esisteva. Si faceva e basta. La possibilità di
        
        
          divorziare facilmente però è rimasta.
        
        
          I matrimoni dei nuovi russi sono sfarzosis-
        
        
          simi e sono quelli raccontati dal regista ru-
        
        
          meno naturalizzato francese Radu Mihajle-
        
        
          anu nel film “Il concerto”. Alle cinquanta
        
        
          sfumature di grigio sovietico, il nuovo corso
        
        
          ha aggiunto molto colore.
        
        
          Ho visto matrimoni molto allegri e variopinti.
        
        
          La badante ucraina di mia nonna si stupiva
        
        
          per quanto fossero sobri i nostri. Mentre mi
        
        
          trovavo a Samarcanda, in Uzbekistan, con il
        
        
          fotografo Fabrizio Annibali, siamo stati ‘se-
        
        
          questrati’ in un matrimonio tagiko. Si svolge-
        
        
          va in un locale del quartiere zarista, una delle
        
        
          poche zone con edifici d’epoca sopravvissu-
        
        
          te alle distruzioni della città, se escludiamo
        
        
          l’antico complesso monumentale delle mo-
        
        
          schee e della tomba di Tamerlano.
        
        
          Abbiamo messo la testa dentro per curiosità
        
        
          e ci hanno catturato. Si sposavano Azamat e
        
        
          Ozoda. A un certo punto tutti si sono messi a
        
        
          lanciare i soldi in un gara di generosità, come
        
        
          alla fine dei concerti manelisti in Romania.
        
        
          Altro che lista nozze. L’Asia centrale è l’Asia
        
        
          centrale. Naturalmente ci hanno convinto a
        
        
          sedere ai tavoli, circondati da tendoni dorati.
        
        
          Nonostante la variopinta vivacità tagika, sotto
        
        
          i riflettori della telecamera, regnava un certo
        
        
          ordine geometrico. Un contrasto che Fabrizio
        
        
          Annibali ha saputo rendere molto bene, che
        
        
          è nelle sue corde, nello sguardo preciso che
        
        
          non mortifica l’intensità del mondo.