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suo bianco e nero mozzafiato, negli ultimi
anni ha tuttavia deciso di rievocare i colori
della sua Tokyo degli anni che furono. Nella
stagione che va dagli ultimi anni sessanta ai
primi ottanta, il fotografo scatta morbosa-
mente e incessantemente, travolto dal suo
più prolifico periodo di sperimentazione. Ciò
che ne risulta è un flusso frenetico di scatti
che raccontano una quotidianità scostante e
inquieta, quella vissuta sulle strade. Tutto
questo marasma d’immagini confluisce in
due raccolte significative: Kagero and Colors
(2008) e Mirage (2013).
Così improvvisamente arriva la necessità
del colore. Il segno, l’impronta di Moriyama
è quella del bianco e nero sporco, graffian-
te, grana dura come l’asfalto delle sue stra-
de. Con una delicata patina di distacco, il suo
colore sembra impadronirsi dei soggetti con
estremo garbo, in uno spy game dove l’imma-
gine rubata acquista un valore inestimabile.
A tratti appaiono quei toni acidi, eredità indi-
scussa dei settanta, enfatizzati dalla sovrae-
sposizione voluta dall’artista: pop.
A raccontare questo riscoperto lato dell’arti-
sta giapponese c’è “Daido Moriyama, In Co-
lor”, volume edito da Skira. In Color è un do-
cumento storico del Giappone di quegli anni:
il boom, la continua scoperta e le luci abba-
glianti di città senza sonno. Pagine che rac-
contano i contrasti di una società impegnata
in una costante corsa verso il futuro, scritte
con le immagini di chi a quella maratona vi ha
partecipato.